Gli ETF per cavalcare la ripresa dei mercati emergenti

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Gli ETF per cavalcare la ripresa dei mercati emergenti

a cura dell'Ufficio Studi e Ricerche Consultique

I mercati emergenti potrebbero, ora, rappresentare un buona opportunità d’investimento, dopo aver registrato un trend decrescente nel corso del 2015, giustificato dalle decisioni di politica monetaria degli Usa, dal rallentamento dell’economia cinese e dal calo delle commodity. Un primo fattore che lega questi paesi all’economia americana deriva dalla correlazione negativa tra l’azionario Emerging Market e l’Usd. In una fase di dollaro forte, il comparto emergente si indebolisce per un aumento del costo di rifinanziamento, essendo i paesi fortemente indebitati in valuta americana. Cresce, inoltre, la probabilità d’insolvenza e, di conseguenza, il rischio di credito degli Stati subisce un downgrading del rating, con un aumento dello spread obbligazionario tra i titoli di Stato del paese emergente e il Treasury. Un secondo impatto derivante dal mercato Usa, è legato alla decisione della Fed, a fine 2015, di aumentare i tassi d’interesse. Questa scelta ha comportato una fuga di ingenti capitali dagli Emerging Market, e un rientro verso il mercato americano. Per il primo trimestre 2016, la decisione della Fed di non procedere con un ulteriore rialzo dei tassi ha favorito un aumento della fiducia degli investitori sull’azionario emergente, che ha registrato un’inversione di tendenza positiva. Il risparmiatore che a inizio 2016 ha investito su tale asset, ha ottenuto, al 31 marzo 2016, una performance (in euro) superiore a quella registrata sui mercati sviluppati: l’indice Msci Emerging Markets è, infatti, cresciuto dello 0,90% nel primo trimestre, rispetto al -4,90% dell’Msci World.

Il grafico 1 mostra l’andamento degli indici azionari dei paesi asiatici sopra citati, dal quale emerge il trend crescente registrato a partire da inizio 2016.



Molti dei paesi emergenti basano la loro crescita economica sulle esportazioni di materie prime. La domanda di commodity ha subito un forte calo, a seguito del rallentamento della crescita globale. Questo ha avuto un impatto molto negativo sulle entrate finanziarie degli Stati e ha comportato un deprezzamento delle valute locali. Per i paesi dell’area asiatica, ha influito in modo negativo il calo dell’economia cinese, a seguito del quale si è registrata una forte riduzione nella bilancia commerciale. Ciò è vero, in particolare, per la Corea del Sud, che registra il surplus commerciale più elevato dell’Asia, e che è esposta in misura prevalente verso la Cina. L’andamento negativo registrato dalle commodity rispecchia lo squilibrio tra domanda e offerta: negli ultimi mesi, la trattativa in corso tra i paesi Ocse per accordarsi su una possibile riduzione della produzione di petrolio potrebbe garantire una ripresa del mercato a favore dei paesi emergenti esportatori. Qui di seguito, analizziamo alcuni paesi emergenti asiatici - che rappresentano circa il 60% dell’indice Msci Emerging Markets - che hanno registrato un trend crescente, a partire da inizio 2016, grazie ai recenti afflussi di capitale e ai buoni fondamentali macroeconomici. L’Indonesia beneficia della presenza di numerose risorse naturali, come petrolio e gas, e basa la sua crescita economica principalmente sul commercio elettronico business to consumer. Dopo un periodo di forte difficoltà, a seguito della crisi asiatica finanziaria del 1997, il paese registra una crescita media del Pil, negli ultimi 5 anni, di circa il 5%. La Malesia è un paese con una forte economia aperta e in espansione, in particolare grazie alle entrate derivanti dalle esportazioni del petrolio. Nonostante un forte deficit fiscale e un’instabilità politica interna, la crescita del Pil, lo scorso anno, è stata pari al 4,5%. ll Vietnam, nel post crisi finanziaria 2008, ha presentato molte difficoltà, dovute al calo delle esporta zioni e all’indiscriminata erogazione di credito da parte delle banche. L’eccessiva liquidità aveva portato, infatti, nel 2011 un tasso d’inflazione pari a circa il 18%, con una conseguente svalutazione della valuta e un rallentamento della crescita economica. Dal 2012, a livello macroeconomico, il paese ha riacquistato una certa stabilità, e per l’anno 2015 presenta una crescita del Pil del 6,68%. La Thailandia, grazie a importanti giacimenti di carbone e oro, rappresenta un paese con molte potenzialità economiche. La crescita del Pil, nell’anno passato, è stata pari a circa il 8%, mentre negli anni precedenti il paese ha alternato tassi di crescita molto elevati a tassi molto bassi, o quasi nulli, per crisi politiche interne. La Corea del Sud, nel 2016 sta registrando il maggior afflusso di capitali, sia di equity che di bond, e un elevato numero di emissioni obbligazionarie; la crescita del Pil del paese, negli ultimi quattro anni, è stata pari al 2,5% circa. Il grafico 1 (vedi pag. 20) mostra l’andamento degli indici azionari dei paesi asiatici sopra citati, dal quale emerge il trend crescente registrato a partire da inizio 2016.



 
Gli ETF per cavalcare la ripresa dei mercati emergenti
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