I bond argentini rimangono ad alto rischio

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I bond argentini rimangono ad alto rischio

I bond argentini rimangono ad alto rischio
Perdite a due cifre dopo il sell off Gli esperti invitano a stare alla larga: meglio i fondi e gli Etf

L’Argentina torna a spaventare i mercati finanziari: si riaffaccia lo spettro del default che ha colpito anche molti investitori italiani più di 15 anni fa. L’indice borsistico Merval lascia sul terreno circa il 20% dai massimi di gennaio. La divisa locale ha continuato ad arretrare e anche molti bond registrano una flessione a due cifre. Nelle ultime settimane la banca centrale ha portato i tassi di riferimento al 40% in presenza di un’inflazione al 25%: numeri assolutamente straordinari. 

I bond argentini rappresentano un segmento obbligazionario governativo molto complesso in cui non è facile addentarsi. Ci sono molte emissioni con diverse strutture. Sul mercato, anche per il piccolo risparmiatore, ci sono bond in dollari, in euro e in minima parte in valuta locale. «Sul circuito Eurotlx - spiega Matteo Trotta, analista di Consultique - si possono trovare le nuove emissioni, quelle intermedie e le vecchie ristrutturate dopo i precedenti default». Per chi vuol esporsi è decisamente meno volatile diversificare con fondi ed Etf emergenti. 

Complessivamente i bond argentini sono adatti a un profilo di rischio estremamente elevato. I movimenti degli ultimi giorni sono stati violenti. «Bisogna distinguere - continua Trotta - tra chi vuol valutare l’acquisto e chi è già possessore. Nel primo caso sconsigliamo di mettersi in portafoglio questi bond. Per chi li avesse già in portafoglio bisogna valutare alcuni aspetti. Se si prendono in considerazione le cedole incassate e la posizione è negativa in linea con l’andamento di molti junk bond, che perdono circa il 3% da inizio anno, allora può esser il caso di liquidare la posizione. Se la perdita è superiore bisogna fare altre valutazioni per capire che peso hanno questi titoli in portafoglio».

Anche Marco Palacino, managing director per l’Italia di Bny Mellon Im, ritiene «che lo scenario attuale sia estremamente difficile da navigare per un investitore privato e dimostri ulteriormente la necessità di affidarsi a fondi dedicati, con gestori professionisti, in grado di diversificare attivamente il portafoglio». Secondo l’esperto l’intervento del Fondo monetario (i cui dettagli sono in fase di negoziazione con i rappresentanti argentini a Washington) potrebbe rassicurare temporaneamente gli investitori internazionali. Intanto, continua Palacino, «l’importante, come sempre, è non cedere al panico e non inseguire i movimenti di massa dei mercati». 
Rispetto alla crisi di oltre 15 anni fa, il quadro per gli investitori privati è molto cambiato. Oggi l’esposizione su singoli titoli è decisamente inferiore rispetto ad allora (anche perché le pezzature di alcune delle ultime emissioni erano nell’ordine dei 100mila euro). 

«Quello che è accaduto in Argentina - sottolinea Manuel Pozzi, investment director di M&G Investments - si può sintetizzare in un errore di valutazione della banca centrale, che ha cambiato target di inflazione nei mesi scorsi abbassando i tassi di riferimento a inizio anno e mettendo in dubbio la sua piena indipendenza. Il Paese è cresciuto di oltre il 3% nel 2017 e crediamo che fino alle prossime elezioni ci sia il tempo necessario per attuare una serie di riforme essenziali anche se impopolari». 

I singoli titoli hanno perso molto nelle ultime settimane: i bond quotati sui circuiti italiani ad esempio hanno perso tra il 7 e il 19% da inizio anno a fronte di rendimenti tra il 4 e il 7%. Minore l’effetto sui fondi obbligazionari emergenti, dove non c’è stato un effetto contagio. «Ogni singolo emittente emergente - conclude Pozzi - tipicamente pesa pochi punti percentuali e la diversificazione ha attutito il colpo. L’extra-rendimento dei titoli emergenti in valuta forte è passato dal 3,1% al 3,7% e quindi le ricadute sono state minime».