I gestori stanno alla finestra e riducono le azioni Usa

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I gestori stanno alla finestra e riducono le azioni Usa

I gestori stanno alla finestra e riducono le azioni Usa
I gestori privilegiano le Borse Ue, ma restano cauti nel breve periodo.

Il buon senso vuole che una parte dei propri risparmi venga mantenuta liquida per far fronte agli imprevisti; oppure perché si pensa che debbano arrivare occasioni migliori di investimento o anche che le alternative disponibili non siano abbastanza sicure o remunerative, che è un po’ l’altra faccia della stessa medaglia. 

Il dubbio se aumentare la liquidità è lecito in vista di un autunno che rischia di essere una stagione calda per i mercati finanziari, a causa della possibile riduzione degli stimoli monetari delle banche centrali e delle incognite sul rilancio economico americano, cui fanno da sfondo le tensioni politiche. 

A guardare i dati più recenti dei portafogli di chi i denari li gestisce per professione, si deduce che sia il momento di convertire in liquidità una quota di azioni americane. Lo evidenzia un sondaggio Reuters, che viene effettuato tutti i mesi presso gestori e responsabili degli investimenti in Europa, Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone: nel mese di luglio la fetta monetaria dei portafogli bilanciati globali è cresciuta in media di quasi un punto percentuale, dal 4,5% al 5,3; se si restringe l’analisi ai gestori europei, la liquidità è aumentata in misura maggiore, dal 6,7% all’8,1%, il livello più elevato da aprile, prima che il risultato delle elezioni francesi attutisse i timori per un successo dei partiti anti-euro. 

Nello stesso periodo, i gestori hanno ridimensionato quasi in modo speculare la componente del capitale destinata a Wall Street, che è al minimo dal novembre scorso - quando Donald Trump fece ingresso alla Casa Bianca - o di oltre un anno a seconda che si consideri, rispettivamente, l’universo dei gestori in generale o si limiti l’indagine a quello dei professionisti europei (il peso medio delle azioni Usa sulla parte azionaria del portafoglio è intorno al 36%). Viceversa, è salita la scommessa sulle Borse dell’Eurozona ai picchi da aprile 2015 (in media è pari al 20,1% dei portafogli azionari, al 34,2% di quelli europei). La mossa tattica è comprensibile alla luce delle quotazioni tirate raggiunte a New York, su cui grava l’incertezza sia degli impulsi espansivi promessi da Trump e non ancora arrivati, sia della manovra restrittiva della Federal Reserve. Nell’Unione europea, al contrario, le aspettative economiche sono migliori e non si teme un rapido rientro delle misure eccezionali della Banca centrale europea che sostengono i mercati. 
La cautela è maggiore se si riduce l’orizzonte temporale dell’investimento.

Matteo Trotta, vice direttore dell’ufficio studi di Consultique, dichiara che l’allocazione delle attività finanziarie pensata per i clienti della società prevede una liquidità al 20%: la componente obbligazionaria è stata ridimensionata già un anno fa e tagliata del 10%, mentre l’altro 10% deriva dalla vendita di azioni effettuata nei mesi di giugno e luglio. «La liquidità - spiega Trotta - è un po’ più alta della norma, ma deriva da un disinvestimento perché l’obiettivo di rendimento dell’anno è già stato ampiamento raggiunto, anche grazie ai risultati della gestione obbligazionaria da cui non ci si aspettava molto quest’anno. Vedremo più avanti se rientrare sui mercati o, al contrario, aumentare la liquidità in caso la Bce dovesse essere meno accomodante di quanto si attendano gli investitori».

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