Metalli preziosi: il bene rifugio durante le fasi di volatilità

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Metalli preziosi: il bene rifugio durante le fasi di volatilità

"Una componente di oro e argento all’interno di un
portafoglio bilanciato tra azioni e obbligazioni può
ridurne il rischio, e dunque la volatilità, ma non
necessariamente aumentarne le performance".

 
a cura dell'Ufficio Studi e Ricerche Consultique
 
Metalli preziosi: il bene rifugio durante le fasi di volatilità
Il 2016 è un anno all’insegna della volatilità, per diversi motivi, tra cui: il rallentamento dell’economia cinese, il possibile default della Grecia, il crollo delle commodity, le politiche monetarie delle Bce, il settore bancario europeo, e la Brexit. Questa situazione ha comportato per gli investitori un aumento della percezione di rischiosità dei propri investimenti, e la conseguente ricerca di strumenti più sicuri e difensivi da inserire in portafoglio, i così detti “beni rifugio”, come i metalli preziosi, in particolare oro e argento. Per quanto riguarda l’oro, dopo il picco raggiunto nel 2011, la quotazione ha subito un forte calo, a causa della fine del quantitative easing americano — che non aveva comunque portato un significativo aumento dell’inflazione — e del rialzo dei tassi da parte della Fed a fine 2015, che favorì investimenti in altri prodotti, come le obbligazioni. Da inizio 2016, nonostante il calo della domanda da parte dei maggiori acquirenti, come Cina e India, i fattori rialzisti elencati in precedenza (ovvero, una situazione economica-finanziaria sfavorevole) hanno favorito un forte incremento del prezzo dell’oro, visto come un bene rifugio indipendente da altri asset. Il prezioso giallo ha superato i 1.300 dollari l’oncia, con un aumento del 30% tra gennaio e agosto 2016. Il risultato del referendum sulla Brexit ha particolarmente contribuito a rafforzarne gli acquisti, vista la maggior percezione di rischio creatasi sui mercati finanziari mondiali; solo il timore di un possibile rialzo dei tassi da parte della Fed ha recentemente comportato un’inversione di questo trend crescente. L’andamento dei prezzi dell’oro è influenzato sia dalla correlazione inversa con il dollaro — una svalutazione della moneta rende, infatti, più conveniente e meno caro il metallo prezioso per gli investitori non americani, incentivandone l’acquisto — sia da un prossimo aumento del tasso d’inflazione, che confermerebbe la propensione verso tale investimento, adatto in caso di perdita del potere d’acquisto della moneta. Anche la quotazione dell’argento nell’ultimo anno è riuscita a superare la resistenza dei 16 dollari l’oncia, per poi raggiungere i livelli di giugno 2014, superiori ai 20 $/oz.; il calo del gold/silver ratio (rapporto tra i prezzi di oro e argento), avvenuto tra marzo e luglio scorsi, potrebbe suggerire la decisone di alcuni investitori di sostituire le posizioni in oro con l’argento. Il prezzo di quest’ultimo è sottovalutato, e potrebbe, quindi, attrarre ulteriori investimenti; da inizio anno, infatti, l’argento ha registrato una crescita del 49%, ben superiore a quella dell’oro. I principali strumenti finanziari che permettono di esporsi all’evoluzione dei prezzi dei metalli preziosi — oro e argento in primis — sono le exchange-traded commodity (Etc), ovvero titoli di debito che replicano l’andamento di un paniere o di una singola materia prima, con una metodologia fisica o sintetica.
Metalli preziosi: il bene rifugio durante le fasi di volatilità
Nel primo caso si ha l’acquisto diretto del metallo prezioso, al prezzo “spot” della commodity, con la possibilità — ove previsto — di coprirsi dal rischio di cambio Eur/Usd (Hedged Etc) essendo quasi tutte le materie prime negoziate in dollari. Nel secondo caso la replica avviene attraverso contratti future, che tuttavia hanno una data di scadenza che comporta una criticità, detta effetto “contango”, ovvero la possibilità di avere, in prossimità del loro termine, un costo di riacquisto del nuovo future superiore a quello di vendita, generando il cosiddetto “rendimento roll” negativo, che grava sulla performance dell’Etc, indipendentemente dall’andamento del sottostante. Al fine di valutare l’eventuale incidenza positiva o negativa della presenza di metalli preziosi nel portafoglio di un risparmiatore, sono stati ipotizzati quattro differenti portafogli, di cui uno senza la presenza di metalli preziosi, ma con una esposizione obbligazionaria del 70% e azionaria del 30%. I tre restanti hanno, rispetto al precedente, un’ulteriore esposizione in oro (15%) e argento (5 %). Due portafogli sono composti da strumenti a replica fisica, di cui uno a cambio coperto, e uno a replica sintetica. Come è possibile notare dal grafico1 (pag. 16), dal 2011 a oggi il portafoglio con la miglior performance e stato quello senza metalli preziosi; Io stesso, tuttavia, presenta anche la maggiore volatilità.
Analizzando solo i primi otto mesi circa del 2016, il primo portafoglio presenta la performance peggiore — per le turbolenze che hanno interessato i mercati finanziari — mentre il migliore risulta essere quello con un’esposizione a replica fisica sul metalli preziosi, con copertura del cambio. Le Etc su specifici metalli preziosi (oro, argento, palladio, platino) presenti sul mercato ETFplus di Borsa Italiana sono oltre quaranta, di cui circa metà hanno come sottostante l’oro e solo tre un paniere diversificato. Sono diversificate per emittente, tipologia di replica, copertura o meno del cambio, e per la possibilità di andare a leva con posizioni lunghe o corte. Nella tabella 2 sono riportate le sole Etc che offrono esposizione lunga all’oro e all’argento.