Gli indici senza pesi battono il mercato

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Gli indici senza pesi battono il mercato

Gli indici senza pesi battono il mercato

L’investimento azionario che sovrappesa le small cap offre degli extra rendimenti nel medio e lungo termine. La statistica dei cosiddetti indici borsistici «equal weight» parla chiaro se raffrontata agli indici tradizionali.

L’indice «equal weight», come dice il termine inglese, significa “identico peso”. Questo vuol dire che tutti i titoli azionari all’interno dell’indice hanno lo stesso peso, indipendentemente dalla capitalizzazione. Ad esempio nell’indice S&P 500 tutte le azioni hanno la stessa incidenza e quindi Microsoft (il titolo più importante con un peso di poco superiore al 4%) vale come la più oscura delle small cap che lo compone.

Si tratta di un approccio, introdotto una ventina di anni fa, che non adotta il metodo della capitalizzazione, tipico degli indici tradizionali, per cui il peso di un titolo va in base a quanto capitalizza. Questo metodo impatta anche sull’incidenza dei settori all’interno di un indice azionario: ad esempio sull’azionario Usa i tecnologici perdono importanza a fronte di una maggiore incidenza degli industriali.

Analizzando l’indice S&P 500, il più importante al mondo, relativamente alle due versioni, si può facilmente notare che nell’ultimo decennio, senza computare i dividendi, l’indice «equal weight» ha sempre fatto meglio rispetto a quello a capitalizzazione e oggi evidenzia una sovraperformance intorno al 20 per cento. Ma come è possibile?

«Nell’indice a capitalizzazione - spiega Rocco Probo, analista Consultique - i titoli più grandi pesano di più mentre in quelli equal weight c’è una sorta di parificazione e tutti pesano allo stesso modo. Questo significa dare maggiore importanza alle small cap. L’approccio equal weight riprende gli studi di Fama e French, secondo i quali ci sono dei sovrarendimenti non spiegabili dai modelli classici dei mercati e sono imputabili proprio alle migliori performance delle società con minore capitalizzazione».

Nel lungo periodo questo metodo offre dei vantaggi dimostrabili statisticamente. L’effetto si amplifica maggiormente negli indici dove il peso di alcuni colossi è più rilevante. «Anche noi - continua Probo - lo consideriamo nelle nostre asset allocation anche se come logica satellite. Offre comunque una buona diversificazione e anche gli Etf che sono disponibili per gli investitori retail sono una buona opportunità e non danno rischi maggiori rispetto agli indici tradizionali».

Anche a Milano ci sono Etf quotati, che adottano questa strategia (vedi tabella), e rappresentano strumenti utilizzati dai professionisti del settore. «Da tempo - commenta Vincenzo Bernardini, consulente finanziario - analizzo la strategia di investimento equal weight per capire le differenze con l’approccio tradizionale a capitalizzazione. Le statistiche ci dicono che l’equal weight sull’S&P 500, ad esempio, ha sovraperformato l’indice a capitalizzazione negli ultimi 10 anni, con un massimo drawdown leggermente superiore ed una maggiore volatilità, dovuta all’incidenza delle small cap più elevata. Un beneficio innegabile è comunque la riduzione del rischio di concentrazione di portafoglio, inoltre, l’esigenza di riequilibrare i pesi ogni trimestre aggiunge un aspetto contrarian alla strategia, perché vengono venduti i vincenti ed acquistati i perdenti».

Gli indici «equal weight» possono quindi offrire un naturale complemento, in ottica di diversificazione, alle strategie trend-follower che mirano a trarre beneficio dalle tendenze presenti sul mercato.

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