Meglio non investire ancora sulla polizza

Consultique
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Meglio non investire ancora sulla polizza

Meglio non investire ancora sulla polizza
  • Il questito
Nel 1998 ho sottoscritto, con l’obiettivo della costituzione di una rendita annua vitalizia differita, un piano pensione Fideuram (Tariffa 711), gestione separata collegata al fondo Previ, che prevedeva il versamento di 12 milioni delle vecchie lire annui (6.197,48 euro) per 20 anni. Tale polizza aveva aspetti positivi, come il coefficiente di conversione in rendita (pari al 6,25 %), altri negativi, come l’aliquota di retrocessione (mai superiore all’80%), altri come il tasso tecnico, “opinabili” a seconda del momento storico. Se infatti il 3% garantito non era niente di eclatante negli anni ’90 o nei primi anni duemila, oggi è quasi un miraggio. Per questi motivi ho sospeso i pagamenti esattamente a metà, cioè nel 2008 portando la polizza in riduzione, senza avere peraltro subito penalizzazioni. Ora avendo a disposizione una somma che non saprei come investire, mi chiedevo se non fosse opportuno riprendere i pagamenti. Il promotore me lo sconsiglia, proponendomi un piano pensione che però ho già sottoscritto. Questo prodotto non mi sembra pessimo perché a fronte di versamenti effettuati pari a 65.073, il montante già acquisito al 30 giugno 2016 ammonta a 79.410 euro e a scadenza dovrebbe essere pari a minimo 82.156 euro e la rendita annua acquisita pari a 5.126 euro. Tengo a precisare che vorrei aspettare a percepire la rendita, portando la polizza, se possibile come credo, in differimento.
 
  • La risposta del nostro Ufficio Studi e Ricerche
In effetti con i tassi ai minimi le polizze emesse qualche anno fa potrebbero avere ancora rendimenti interessanti. È chiaro che però non si può mai generalizzare e le situazioni vanno valutate di caso in caso. Nello specifico il prodotto assicurativo è collegato alla gestione separata Previ che ha realizzato dal 2007 a oggi un rendimento medio annuo lordo del 4,48% (3,58% medio annuo effettivamente retrocesso). Al netto della commissione di gestione in questi anni, il rendimento riconosciuto all’assicurato è stato in media in linea con il rendimento dei titoli di Stato, a eccezione del 2009 e degli ultimi due anni quando ha sovrapperformato i titoli di Stato. Considerando i premi versati fino al 2007 e il capitale finale che maturerà nel 2018, pari a 82.156 euro, il tasso effettivo di rendimento medio annuo è stato stimato dalla società di consulenza indipendente Consultique è pari a circa l’1,54%. «La garanzia di avere un tasso minimo riconosciuto, risulta una clausola fondamentale e importante nelle polizze soprattutto negli ultimi anni; un tasso del 3% come quello della polizza in esame è particolarmente elevato e interessante visto l’attuale contesto di mercato a tassi molto bassi – spiegano da Consultique –. Tuttavia scadendo nell’agosto del 2018, non consigliamo comunque di riprendere i versamenti per i due anni restanti, poiché i caricamenti applicati sui premi probabilmente annullerebbero l’eventuale tasso di rendimento del 3%». Il coefficiente di conversione in rendita pari al 6,25% fissato alla sottoscrizione della polizza, risulta molto alto se confrontato con le percentuali applicate attualmente, ridotte a seguito delle variazioni sulla speranza di vita media e della crescita del Pil. «Basta osservare come lo stesso tasso sia ora associato ad un soggetto tra i 68 e 69 anni e non 52 anni come l’interessato», aggiungono da Consultique. Il numero di annualità in cui il montante sarà corrisposto al pensionato risulta pari a 16 anni (il reciproco del coefficiente di conversione) ovvero, nel caso specifico, il contraente avrà recuperato il capitale all’età di 68 anni, quando per la media nazionale è pari a circa 82 anni. Essendo stato sottoscritto nel 1998, ovvero prima della riforma sui Fondi Pensione, il prodotto di analisi è di fatto una normale polizza assicurativa che permette quindi di ottenere le somme maturate a scadenza anche in mancanza dei requisiti di vecchiaia o anzianità. «Per quanto riguarda la possibilità di differimento della rendita, non riteniamo possa essere una operazione vantaggiosa, in quanto la rendita registrerebbe una rivalutazione solo nel caso in cui il rendimento della gestione separata risultasse superiore al minimo garantito del 3%. Cosa difficilmente realizzabile in futuro visto l’attuale trend decrescente», concludono dalla società di consulenza.