Plus24: Fondi pensione, chi ha battuto (e chi no) il TFR

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Plus24: Fondi pensione, chi ha battuto (e chi no) il TFR

FONDI PENSIONE, CHI HA BATTUTO (E CHI NO) IL TFR
FONDI PENSIONE, CHI HA BATTUTO (E CHI NO) IL TFR


Previdenza complementare
Dal primo semestre 2007 quello del silenzio assenso i comparti garantiti e monetari non reggono il confronto con il Tfr

Sono passati ormai 13 anni dal fatidico semestre del silenzio assenso, che nel 2007 ha spinto 12 milioni di italiani a scegliere se e come destinare il proprio Trattamento di fine rapporto (Tfr) a una forma di previdenza integrativa. Fino a quel momento solo un numero esiguo di lavoratori aveva scelto di costruirsi una pensione di scorta, che in Italia era possibile concretamente attivare fin dal 1995, con il lancio dei primi fondi pensione rivolti inizialmente a un pubblico di nicchia.

IL BILANCIO DAL SILENZIO ASSENSO
Il 2007 rappresenta quindi un punto di svolta, anche se sono ancora milioni gli italiani che non hanno un secondo pilastro contributivo, nonostante i numeri e le proiezioni delle prestazioni del primo pilastro (Inps e Casse di previdenza dei professionisti) siano in costante calo. A inizio 2020, durante il ciclo di incontri sulla riforma delle pensioni tra Governo e sindacati, un argomento di discussione è stato il rilancio della previdenza complementare e oltre alla rivisitazione della tassazione dei rendimenti, per riportarla dall'attuale 20% all'11%, l'idea sul tavolo era proprio quella di prevedere un nuovo semestre di silenzio assenso. In occasione della relazione annuale della Covip, Autorità di vigilanza sulla previdenza complementare, Plus24 con l'aiuto dell'Ufficio Studi di Consultique ha provato a fare il punto sui risultati conseguiti, da fine giugno 2007 a fine maggio scorso, da ogni singolo comparto dei fondi pensione negoziali e dei fondi pensione aperti (per i Pip e i cosiddetti fondi preesistenti i dati non sono diffusi con sistematicità e tempestività). Dall'analisi emerge che in tutte le categorie i fondi chiusi negoziali hanno offerto in media performance nettamente superiore a quella conseguita dalle rispettive categorie dei fondi pensione aperti. L'evidente differenza dei costi (vedi tabella in basso) non può che riflettersi nel lungo periodo sulle performance.

IL PESO DEI COSTI
In particolare, su un arco temporale di 10 anni il peso medio dei costi (Isc) dei comparti azionari dei fondi pensione negoziali è pari allo 0,39% annuo, mentre per la medesima categoria dei fondi pensione aperti sale all'1,71% annuo (che balzano al 2,72% annuo per gli esosi Pip). E i risultati si vedono. Le sei linee dei fondi azionari negoziali già esistenti al 30 giugno 2007, hanno reso complessivamente dal +35% al +64%, con una media del 53%. Nello stesso intervallo temporale i comparti azionari dei fondi pensione aperti hanno reso in media il 29,4% (vedi approfondimento a pagina 5). Meno della rivalutazione netta del Tfr che in questi ultimi 13 anni è stata pari al 31% «Oltre alle performance, è importante segnalare che i fondi negoziali, a differenza dei fondi aperti, offrono il vantaggio del contributo datoriale se il lavoratore versa un contributo minimo obbligatorio - spiega Paola Ferrari, analista di Consultique -. Pertanto, a coloro che hanno la possibilità di aderire a un fondo di categoria, si consiglia di preferirlo ai fondi aperti e ai Pip».

IL FALLIMENTO DELLE LINEE GARANTITE
Ma a perdere la sfida con il Tfr sono soprattutto le linee garantite e monetarie, sia dei fondi negoziali (in media +28,9%), sia dei fondi pensione aperti (in media +23,5%. In molti casi, anche considerando i benefici fiscali previsti per chi aderisce a una forma di previdenza complementare, il Tfr esce vincente dal confronto. «Chi ha un profilo di rischio basso avrebbe fatto bene a lasciare il Tfr in azienda - prosegue Paola Ferrari -. Con i bassi rendimenti degli ultimi anni del mercato obbligazionario, soprattutto sulle duration più corte, al netto dei costi, il rendimento offerto dai comparti dei fondi pensione più prudenti è stato molto basso».
Linee garantite e monetarie che sono anche molto gettonate dagli aderenti. A fine 2019 le adesioni alle linee garantite dei fondi negoziali ammontano a oltre 780mila (il 25,2% del totale iscritti), mentre sulle linee più prudenti dei fondi pensioni aperti gli iscritti sono 268mila (17,7%): oltre un milione di posizioni individuali, che racchiudono anche i silenti. Questi ultimi pur avendo un fondo di categoria non hanno espresso alcuna volontà in merito alla destinazione del proprio Tfr durante il primo semestre del 2007, ma anche successivamente. Ancora oggi, entro 6 mesi dalla prima assunzione, il lavoratore del settore privato deve decidere cosa fare del proprio Tfr. Per i lavoratori che non hanno una forma di previdenza integrativa ad hoc e che non hanno espresso alcuna scelta, invece, era prevista la tacita adesione a Fondlnps, ormai prossimo alla chiusura (vedi articolo a pagina 5).

PROFILO D'INVESTIMENTO ED ETÀ
Dall'ultima relazione Covip emerge che nei comparti più prudenti la metà degli iscritti sono persone dai 30 ai 54 anni. In generale c'è la tendenza all'aumento del peso delle linee garantite al crescere dell’età. Tuttavia, nelle linee monetarie dei fondi pensione aperti e negoziali, i giovani sotto i 24 anni rappresentano rispettivamente il 10 e il 20% circa. Troppi considerando le performance che queste linee offrono e che più è giovane l'aderente, tanto più lungo sarà il suo periodo di permanenza nel fondo pensione e di conseguenza potrà risultare ragionevole anche l'investimento in una linea con un profilo di rischio più elevato e con maggiori possibilità di rendimento.