Subordinati: per le banche una zavorra da 61 miliardi

Consultique
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Subordinati: per le banche una zavorra da 61 miliardi

Ecco l'articolo dell' intervento del nostro Ufficio Studi e Ricerche nell'articolo "Subordinati: per le banche una zavorra da 61 miliardi", pubblicato in data odierna su CorrierEconomia.


Investimenti: La mappa dei 368 bond in circolazione non utili per la solidità e soggetti al bail in. Istituti al lavoro per ridurne il peso.


Subordinati: Per le banche una zavorra da 61 miliardi.
Entro il 2017 ben 10,3 dovranno essere rimborsati. Titoli rischiosi, ma oltre un terzo sarebbe in mano alle famiglie.


Un mercato che vale quasi 61 quello delle obbligazioni subordinate emesse dalle banche. E più di un terzo (poco sotto 23 miliardi) dei titoli in circolazione potrebbe essere in mano alle famiglie. Ma il localizzatore sale se si includono anche gli investimenti indiretti realizzati attraverso fondi o sicav dedicati ai risparmiatori. Basti pensare che se nella somma si includono soltanto i subordinati bancari in cui hanno investito i fondi a cedola — prodotto tipicamente diretto ai risparmiatori — si arriva ad almeno 24 miliardi. Dell’ammontare comp1essivo di 61 miliardi, tra la fine di quest’anno e del prossimo, andranno a rimborso 10,3 miliardi, di cui almeno 2,5 dovranno tornare ai risparmiatori. A conti fatti, i subordinati bancari, nel loro complesso, valgono circa 1'11% dei 200 miliardi investiti dai risparmiatori in obbligazioni. Per avere un riferimento, 23 miliardi rappresentano la capitalizzazione dj un titolo-guida del listino italiano. Poco sopra il valore a Piazza Affari di Generali oppure di Atlantia. E’ quanto emerge dalla radiografia aggiornata a meta gennaio ed elaborata dagli esperti indipendenti di Consultique su dati Bloomherg. Le ultime rilevazioni segnalano una mappa di complessivi 368 titoli, tra quotati e non, che fanno capo a una cinquantina di emittenti. Di questi, appunto, 200 sono stati offerti con un lotto minimo di 35mila euro (0 inferiore) e quindi, con tutta probabilità, sono stati sottoscritti dal retail. La percentuale di questi acquirenti e rimasta stabile negli ultimi anni, anzi sembrerebbe lievemente aumentata. Ma ora è cambiata la percezione di questa categoria di titoli che e inserita nel capitale di Vigilanza e che offre rendimenti più elevati degli altri bond in circolazione. La ragione è da ricercare nelle nuove norme Ue. In caso di crisi e «risoluzione» bancaria — vale a dire il bail-in entrato in vigore a inizio gennaio — i titoli subordinati potrebbero essere convertiti in azioni o assoggettati a una riduzione che potrebbe portare anche al loro azzeramento. Questo, nel caso in cui le azioni e gli altri titoli di capitale non bastassero a coprire le perdite. Da qui l’offerta di rendimenti pi1‘1 generosi. In base alla fotografia — la più aggiornata di questo inizio d’anno — enlro fine dicembre scadranno almeno 5,2 miliardi e quasi altrettanti nel 2017. A questi titoli si sarebbero dovute aggiungere anche le emissioni di Banca Etruria, azzerate con il decreto Salva banche del 22 novembre che ha risolto Banca Etruria, appunto, assieme a Banca delle Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti.


Svolta
Dopo anni di rapporti stabili nei pesi tra sottoscrittori istituzionali e famiglie quest'anno gli equilibri potrebbero cambiare. A giocare, per l’investitore, è ovviamente la propensione al rischio. E proprio la nuova regolamentazione Ue che sta imponendo al mercato una revisione profonda. E i grandi hanno già imboccato strade diverse. E’ il casoso di Unicredit che ha varato il terzo buy back di titoli subordinati fino a 1.8 miliardi di bond Tier 2 detenuti dalla clientela retail. I dieci titoli oggetto dell’offerta che termina il 16 febbraio hanno scadenze tra il 2019 e il 2()22, ultima tranche di bond disqualified, ossia non riconosciuti dalle autorità europee come capitale dopo l’entrata in vigore del regolamento nel 2014, reso poi operative dall’Eba, la European banking authority. Troppo costosi e poco efficienti quindi per la banca guidata da Federico Ghizzoni. Molto volatili, spesso scambiati in Borsa sotto la pari, i titoli saranno rimborsati alla pari, in alcuni casi qualcosa di più, e per cassa, con condizioni che il mercato considera friendly, decise dall’istituto soprattutto come messaggio al retail sulle condizioni di liquidità della banca e sulle sue capacità di rispettare gli impegni con la clientela. L’adesione all’offerta dipenderà dalle quotazioni dei titoli da qui a metà febbraio. Un anno fà — quando non erano ancora apparse turbolenze e volatilità — Unicredit aveva avuto adesioni sopra il 60% alle offerte precedenti.


Altre strade
Quanto a Intesa Sanpaolo, non vende bond subordinati al retail da quattro anni, come ha spiegato il Ceo Carlo Messina. L’anno scorso la banca ha promosso un’offerta di scambio fino a 1,5 miliardi con titoli di debito subordinati Tier 2 di nuova emissione, finalizzati all’ottimizzazione del patrimonio regolamentare. Come dire che le grandi banche possono scegliere la strada più opportuna per fare funding. Diversa la situazione per le più piccole o meno solide. O quelle che scontano il peso di sofferenze. I crediti deteriorali del Monte dei Paschi — scesi a fine anno a 46,9 miliardi — hanno influito sul prezzo a cui sono scambiati i subordinati sull’Euro-Tlx (per esempio. I titoli in scadenza a maggio ma rivolti agli istituzionali) costringendo la banca a pagare rendimenti teorici più elevati nei giorni della forte volatilità. Anche se nei giorni scorsi ha prevalso la stabilita. La stessa tendenza vale per le emissioni di Carige. Banco Popolare e Popolare di Vicenza. In questo contesto le aggregazioni tra istituti non potranno che migliorare la percezione dei subordinati. E prevedibile che le emissioni continuino a dominare la scena sul mercato del debito perché le banche piccole e medie hanno bisogno di fare provvista. Ma è scontato — sostengono gli esper1i— che siano sempre più rivolte agli istituzionali. E la conseguenza sarà la crescita del costo del funding.

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