Una valutazione del rischio BBB sul debito corporate statunitense

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Una valutazione del rischio BBB sul debito corporate statunitense

Una valutazione del rischio BBB  sul debito corporate statunitense
Il segmento investment grade è sempre meno sicuro: nel corso del tempo, è aumentata incredibilmente la percentuale di titoli nella fascia di rating più bassa, cioè la tripla B

Morgan Stanley, negli ultimi mesi dell’anno appena passato, ha lanciato un allarme sul segmento del debito societario negli Stati Uniti: c’è troppa leva nel capitale delle società americane e questo potrebbe diventare un grosso problema, se la Federal Reserve continuasse ad alzare i tassi. Il rialzo dei tassi guida sta generando, infatti, un allargamento negli spread di credito. Come si vede nel grafico 1, il debito delle aziende americane ha raggiunto il 45% del Pil, un valore che in passato si è registrato solamente durante le recessioni del 2001/2002 e durante la crisi del 2008. Ciò che differenzia l’attuale situazione rispetto al passato è, tuttavia, il livello del debito netto, ovvero il valore dell’indebitamento al netto del valore degli attivi liquidi, che non assume valori così estremi. L’eccesso di liquidità dovuto alle politiche espansive della Banca Centrale statunitense ha portato le società a indebitarsi sul mercato a prezzi stracciati, anche quando non avevano alcuna necessità di reperire capitale. La questione comincia a entrare nelle discussioni delle Banche Centrali statali e della Fed: molti membri dei board sono preoccupati che l’espansione del credito sia così estrema da non poter essere più controllata. Le strutture utilizzate dalle società per finanziarsi diventano sempre più complesse e aggressive.

C’è anche un altro aspetto cui tenere conto: il segmento investment grade è sempre meno sicuro. A livello teorico, il segmento investment grade comprende tutti i bond con rating compreso tra AAA e BBB-/Baa3 (secondo la classificazione delle tre maggiori agenzie di rating internazionali, S&P, Fitch e Moody’s), cioè quelli considerati più sicuri. Il problema è che, nel corso del tempo, è aumentata incredibilmente la percentuale di titoli nella fascia di rating più bassa, cioè la tripla B. Morgan Stanley fa notare che dieci anni fa i bond BBB ammontavano a 686 miliardi di dollari, mentre ora si parla di 2,5 mila miliardi. In pratica, le triple B contano ormai più del 50% di tutte le emissioni investment grade, e questo può essere facilmente verificato nella composizione degli indici o degli Etf. Tale quota ha osservato nel tempo un continuo incremento, dato che nel 2006 si attestava al 35%, un valore comunque più elevato rispetto a quello registrato nel 1997, quando risultava pari al 28%. Le possibili spiegazioni avanzate per spiegare questo fenomeno sono plurime: direttamente, hanno impattato modifiche nella metodologia di emissione del rating da parte delle principali agenzie, tuttavia, oltre a ciò, si possono citare l’avanzata delle rising star, ovvero le società che, migliorando la propria condizione economica/patrimoniale, migrano da un rating high yield a un rating investment grade, le facilitate condizioni di credito causate dalle politiche espansive, così come l’intensa attività di buyback e acquisizioni/fusioni. Il punto è che comincia a diffondersi il sentiment che il rischio non sia correttamente rispecchiato dal rating e che, semplicemente, molti di questi bond non dovrebbero avere un rating investment grade. Secondo dati di Morgan Stanley, in caso di recessione, circa il 10% dei bond BBB finirebbe per essere declassato a high yield e, considerati i numeri in gioco, l’impatto potrebbe essere rilevante. Sulla base di ciò, la percentuale di esposizione verso emittenti societari statunitensi con rating BBB può rappresentare una variabile e un rischio cui tenere conto all’interno dell’analisi di un portafoglio o di un singolo strumento.

Gli Etf quotati su Borsa Italiana che si concentrano sul segmento societario statunitense offrono un’esposizione verso la classe di rating BBB con percentuali comprese tra il 20% e il 100% (vedi tabella 1). Nel dettaglio, gli Etf in cui la componente obbligazionaria BBB pesa meno sono i cinque strumenti che replicano indici di obbligazioni floating rate, emessi da Amundi, Invesco e iShares. Quest’ultima casa di gestione, inoltre, offre uno strumento che replica un indice obbligazionario societario statunitense floating rate, coprendo lo stesso dal rischio di cambio (Eur hedged).

A offrire, invece, la maggiore esposizione verso la classe di rating BBB vi sono due strumenti: Xtrackers iBoxx Usd Corporate Bond Yield Plus Ucits Etf, che incrementa la quota verso le classi di rating investment grade con un più alto rischio di credito, e Amundi Index Barclays Us Corporate BBB 1-5 Ucits Etf Dr, che si concentra esclusivamente su obbligazioni societarie statunitensi con rating BBB. Nel mezzo, con percentuali di esposizioni verso il segmento BBB attorno al 50%, altri venti Etf quotati su Borsa Italiana possono coprire l’asset class obbligazionaria societaria statunitense. Tra questi, alcuni, come lo Spdr Barclays 0-3 year Us Corporate Bond Ucits Etf, il Vanguard Usd Corporate 1-3 Year Bond Ucits Etf o l’Ubs Etf Barclays Us Liquid Corporates 1-5 Year Ucits Etf (disponibile anche nella classe Eur hedged, a cambio coperto), permettono l’esposizione su uno specifico tratto di curva (a breve scadenza); altri, come l’Xtrackers Usd Corporate Bond Ucits Etf 2D (Eur Hedged) e il Lyxor Usd Liquid Investment Grade Corporate Bonds Ucits Etf - Monthly Hedged to Eur, sono protetti dal rischio di cambio. Infine, due strumenti, l’Amundi Index Us Corp Sri Ucits Etf Dr e l’Ubs Etf - Barclays Msci Us Liquid Corporates Sustainable Ucits Etf (disponibile anche nella classe Eur hedged), permettono di ottenere un’esposizione al segmento dei corporate bond statunitensi secondo criteri d’investimento socialmente responsabili.