Corriere Economia | Soldi in banca: come investire e difendersi dall’inflazione

Consultique
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Corriere Economia | Soldi in banca: come investire e difendersi dall’inflazione

Corriere Economia | Soldi in banca: come investire e difendersi dall’inflazione

 

Le alternative ai conti correnti
I dubbi sulla tenuta del sistema bancario. Il sentiero impervio delle banche centrali, strette tra la lotta all’inflazione, più difficile da domare di quanto previsto, e l’impatto incerto della stretta monetaria sull’economia. Che, a sua volta, rende vulnerabile la traiettoria degli utili e la dinamica dei listini azionari. Sono queste le incognite che oggi alimentano la tentazione di cercare rifugio nella liquidità: lontano dai mercati — specialmente dalle Borse — in attesa di una schiarita capace di ripristinare la fiducia degli investitori. La buona notizia è che oggi, a differenza di pochi mesi fa, la liquidità rende. Non sul conto corrente, dove il cash, al contrario, subisce in toto la costante, inesorabile erosione del potere d’acquisto dovuta all’inflazione, a un passo vicino al 9%, su base annua. Ci sono, però, tre alternative per chi vuole mettere a frutto la liquidità: conti di deposito, fondi monetari e titoli di stato a breve termine. Attenzione: anche qui l’inflazione morde, come del resto fa su tutte le attività finanziarie, azioni, bond, valute, materie prime. Ma per lo meno, fa un po’ meno male, grazie a rendimenti molto più competitivi rispetto a pochi mesi fa, complice l’intervento della Banca centrale europea, che ha alzato i tassi di riferimento di 3,5 punti percentuali, a partire dallo scorso luglio.

Il confronto, tra investimento e risparmio
Quali sono i migliori strumenti per remunerare il cash, minimizzando i rischi? L’Economia del Corriere ha messo a confronto le diverse opzioni, esaminando i migliori fondi monetari, i conti di deposito che oggi offrono un rendimento più interessante e una selezione di titoli governativi con scadenze inferiori ai 18 mesi, adatti a interpretare l’attuale fase di mercato in chiave difensiva, senza rinunciare a un po’ di rendimento. La premessa imprescindibile è che si tratta di soluzioni con caratteristiche diverse, che si prestano quindi anche a usi differenti. I fondi monetari, per esempio, sono lo strumento adatto agli investitori che vogliono posizionarsi solo temporaneamente sulla liquidità, in attesa che le condizioni di mercato rendano più appetibile un ritorno su classi di attivo più rischiose e potenzialmente redditizie, come le azioni. È la strada più efficiente, quindi, se si vuole tenere una riserva di liquidità pronta ad essere investita, in tempi rapidi, all’emergere di nuove opportunità.

I conti di deposito
I conti di deposito, invece, sono prodotti di risparmio, più che d’ investimento. I ritorni più interessanti, qui, si hanno sulle giacenze vincolate a 5 anni, con tassi lordi fino al 4,5%.Niente male, verrebbe da dire, se si pensa che il Btp di pari durata oggi rende il 3,4%. Scadenze così lunghe e la presenza del vincolo — che in alcuni casi può essere «sciolto», a fronte di una penalizzazione sul piano degli interessi maturati — rendono però il deposito meno adatto a un parcheggio «tattico», che faccia da preludio a nuovi investimenti. Non è detto, poi, che il conto remunerato e il deposito titoli utilizzato per gli investimenti siano nel la stessa banca, il che aggiungerebbe un ulteriore passaggio, oltre all’eventuale chiusura del conto deposito, una volta esaurita la sua funzione. Il problema non sussiste se, invece, si acquistano direttamente dal proprio deposito titoli singole emissioni governative a breve scadenza, in vista di un futuro investimento in azioni o strumenti di risparmio gestito. «In questo caso, comunque — osserva Rocco Probo, analista dell’ufficio studi di Consultique — bisogna mettere in conto una possibile oscillazione dei prezzi, benché modesta, legata alla dinamica dei tassi o all’evoluzione del rischio Paese».

Il risveglio dei salvadanai vincolati fino a 5 anni
Da qualche mese a questa parte, gli interessi riconosciuti da alcune banche sulle giacenze del conto deposito sono diventati più attraenti. «È un mercato in grande fermento», dice Paolo Benazzi, general manager di Sostariffe.it. Le offerte più interessanti, spesso in promozione per un periodo predeterminato, provengono da piccole banche emergenti: «sono soprattutto loro a darsi battaglia su questo fronte, proponendo condizioni via via più interessanti, a mano a mano che la Bce alza i tassi», dice Benazzi. In epoca di tensione sul canale bancario, la domanda è inevitabile: c’è da fidarsi? Vale la pena ricordare che le somme depositate su conti correnti e di deposito sono garantite fino a 100mila euro, per istituto di credito e depositante, dal Fondo interbancario di tutela dei depositi. Significa che se il conto è cointestato, la garanzia vale doppio. «Sotto i 100mila, è meno rilevante interrogarsi sulla solidità dell’istituto. Sopra, però, ha senso esaminare i coefficienti patrimoniali. Noi monitoriamo anche i livelli aggregati delle sofferenze, i crediti incagliati e anche la redditività del business: non ha a che vedere con la solvibilità, ma a lungo andare può dare qualche problema», dice Rocco Probo, analista di Consultique.
La scelta di tenere somme importanti sul deposito è più frequente di quanto si creda. E in aumento. «Le simulazioni fatte sui nostri portali suggeriscono che c’è un elevato numero di persone disposte a vincolare una parte rilevante dei propri risparmi: il 14% delle ricerche è relativa a importi tra 90mila e 100mila euro. Un terzo si focalizza su scadenze sopra i 36 mesi, fino a 5 anni», dice Benazzi. Gli interessi maturati sul conto deposito sono tassati al 26%, contro un prelievo del 12,5% su titoli di Stato e sui fondi monetari che investono nei governativi a breve termine. In più, bisogna considerare il bollo (0,2% sulle somme depositate, per le persone fisiche). Tranne nei casi in cui la banca se ne fa direttamente carico, a titolo promozionale.

Come scegliere il veicolo giusto in attesa di investire
Per la gestione della liquidità, in un’ottica d’investimento o meglio di parcheggio strategico in attesa di impiegare il proprio denaro in attività con un orizzonte temporale più lungo, i fondi monetari sono lo strumento più efficiente, sempre che l’obiettivo sia mantenere un posizionamento difensivo su una parte più o meno ampia del portafoglio, in attesa che si presentino nuove opportunità da cogliere sui mercati: qui, infatti, i tempi per lo switch, cioè per il disinvestimento dal fondo monetario e il successivo reinvestimento in altre attività finanziarie, sono decisamente più celeri rispetto a chi deve attingere al conto deposito come serbatoio di liquidità. Anche in questo caso, però, occorre operare una distinzione: «Ci sono fondi monetari che investono in titoli governativi a breve termine ed altri che invece hanno in pancia operazioni di pronti contro termine (contratti in cui il venditore cede a pronti, in cambio di denaro, uno o più titoli, impegnandosi a riacquistarli in data futura ad un prezzo prestabilito. I primi strumenti sono esposti a piccole oscillazioni legate al rischio tasso e al rischio Paese. I secondi no. Per distinguerli, è sufficiente leggere la descrizione del prodotto d’investimento», ricorda Rocco Probo, analista di Consultique.
Quanto possono rendere oggi i fondi monetari? «Si possono fare delle ipotesi, soprattutto per i prodotti che si basano su pronti contro termine, perché riflettono il tasso di deposito presso la Bce, che oggi è al 3%. Se questo parametro restasse stabile per i prossimi dodici mesi, equivarrebbe al ritorno implicito lordo del fondo. In caso di aumento dei tassi, invece, crescerebbe anche il rendimento, almeno per la quota parte di anno che farà i conti con i nuovi tassi di riferimento». Viceversa, un eventuale taglio del costo del denaro, che oggi appare poco probabile in tempi molto brevi, porterebbe a un ridimensionamento del ritorno atteso.

Un cuscino del 3% per le scadenze entro 12 mesi
I titoli governativi a breve termine sono un altro classico strumento di remunerazione della liquidità. Complice la stretta monetaria della Bce, oggi i Btp con una scadenza residua tra tre e 12 mesi rendono poco meno del 3%. Si possono prendere in esame anche i Cct, titoli del Tesoro a tasso variabile, che permettono di inseguire la dinamica dei tassi, perché sono indicizzati all’Euribor (tasso di prestito interbancario) a 6 mesi.«Oggi è molto difficile stabilire quale sia la migliore opzione tra Btp e Cct. Se si vuole avere una protezione contro l’inflazione, semmai, vale la pena considerare i Btp Italia, che sono agganciati alla dinamica dei prezzi al consumo», dice Rocco Probo, analista di Consultique. «A conti fatti, il tasso di breakeven, che misura la differenza tra il tasso nominale del Btp e quello del titolo indicizzato all’inflazione, è dell’1,85% a dodici mesi. Significa che con un’inflazione pari al 2% o superiore, il Btp Italia offrirebbe un ritorno più attraente, a parità di scadenza».
C’è chi guarda anche ai titoli del Tesoro americano, che oggi offrono tassi più elevati, attorno al 4,3% su scadenza tra marzo e aprile del 2024. È la conseguenza di una stretta monetaria iniziata prima negli Stati Uniti, e più e intensa, almeno per ora. Qui, però, occorre prendere in considerazione anche le oscillazioni dei cambi: un eventuale deprezzamento del biglietto verde rispetto alla moneta unica, infatti, avrebbe un impatto negativo sul ritorno dell’investimento fatto nella valuta degli Stati Uniti. «La situazione odierna rimane profondamente incerta: è sempre difficile prevedere i movimenti delle valute — dice Probo, — ma oggi è particolarmente complicato, perché non è ancora chiaro quale sia l’impatto della crisi delle banche sulle due sponde dell’Atlantico, e di conseguenza, resta incerta anche la traiettoria di politica monetaria».