
Sabato 18 ottobre - Plus 24, p.7
PIC E PAC
Limitare la volatilità nel corso del tempo con versamenti costanti ma contenuti, in un arco temporale abbastanza lungo. Ipotizziamo 20 anni. Scegliere un Pac, un Piano di accumulo capitale offre diversi vantaggi. Iniziando dalla possibilità di investire anche senza disporre di somme elevate.
Il Pic, Piano di investimento capitale, in un’unica soluzione, consente di sfruttare meglio l’interesse composto. Ogni investitore dovrebbe valutare quale possa essere per il suo portafoglio la soluzione migliore. Certo, è anche una questione di tempo. Come sempre quando si parla di investimenti.
Nel grafico in pagina sono state fatte due simulazioni, sempre su un arco temporale di 20 anni. Si è ipotizzato un investimento con un Pac (linea blu) e uno con un Pic, sul Nasdaq 100. Nel primo caso, si è preso come inizio marzo 2000, sui massimi della bolla dotcom. Nel secondo caso, la data di inizio è settembre 2005, prendendo come riferimento gli ultimi vent’anni. Si vede chiaramente come in situazioni di alta volatilità sui mercati, basti pensare che dal 2000 al 2020 c’è stata nel mezzo anche la crisi dei mutui subprime, il Pac ha generato un rendimento più elevato (8,83%), facendo crescere il capitale, al netto delle tasse e con un costo corrente dell’1%, fino a 63.129 euro. Nel caso opposto, quindi in una fase perlopiù di mercato toro, come dal 2005 al 2025, il Pic ha quasi raddoppiato il rendimento del Piano di accumulo capitale. «Per orizzonti lunghi oltre 20 anni, il Pac aiuta esclusivamente in fasi di forti ribassi dei mercati», commenta Rocco Probo, analista Consultique. «All’estremo opposto ci sono fasi di mercato, come gli ultimi 20 anni, dove un investimento in Pac avrebbe comportato una plusvalenza di molto più bassa rispetto ad una soluzione di investimento in un’unica tranche». Il fattore tempo è fondamentale. «Il piano di accumulo capitale ha un ruolo di diversificatore temporale - prosegue Probo -, perché smussa la volatilità con investimenti ricorrenti ma si rinuncia alla spinta dell’interesse composto».
In un arco temporale superiore ai 25 anni, quindi, potrebbe essere meglio investire in una soluzione unica. «Dipende dalla disponibilità del capitale: chi può contare subito su una somma utile, può valutare un Pic, mentre il Pac diventa un’alternativa perfetta per chi può accantonare ogni mese una quota più piccola», conclude Probo. Di diversa opinione Paolo Proli, condirettore generale Amundi Sgr, che ritiene il Pac una scelta utile per gli investitori retail, a prescindere dal loro patrimonio. «La possibilità di modulare nel tempo il proprio investimento, modificando anche importo e frequenza di versamento è una caratteristica del Pac che si adatta sia ai piccoli risparmiatori, che possono così investire nei mercati finanziari anche risparmi non ingenti, sia a clienti più facoltosi, che ad esempio possono ricorrere a uno o più piani di accumulo per diversificare ulteriormente i propri investimenti in asset class “di nicchia», spiega Proli. «Credo che oggi la scelta non si ponga nemmeno più tra fondi e Etf perché entrambe le tipologie di strumento sono sottoscrivibili tramite Pac. Venendo infine alla questione del market timing e dell’andamento dei mercati, i Pac hanno una funzione pedagogica perché aiutano i clienti a rispettare l’orizzonte temporale necessario agli investimenti azionari per esprimere il loro potenziale di rendimento e a sopportarne, in molti casi avvantaggiandosene, della relativa volatilità. I Pac offrono infatti una sorta di “nudge” implicito, dovuto alla regolarità dei versamenti, che i fondi e gli Etf sottoscritti in modalità Pic non hanno». Di fronte a uno storno di mercato, è più probabile che un investitore possa essere spinto a disinvestire. «Chi ha attivato un Pac - conclude Proli -, continua invece a versare, sapendo che il tempo potrà giocare a suo favore».