Plus24 | Titoli di Stato. Manuale d’uso per chi ha investito sui BTp Italia

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Sabato 9 dicembre - Plus 24, p.7

Emessi nei periodi di alta tensione inflazionistica ora le cedole si sgonfiano

L’inflazione rallenta la sua corsa e dà lo sprint ai mercati obbligazionari. Secondo le stime Istat, a novembre l’indice Nic con tabacchi registra una diminuzione dello 0,4% su base mensile e un aumento dello 0,8% su base annua (minimo da marzo 2021), da +1,7% di ottobre.

Ancora una buona notizia per gli obbligazionisti che hanno già festeggiato nell’ultimo mese, in particolare in Italia, dove l’agenzia di rating Moody’s a metà novembre ha rivisto al rialzo l’outlook sul Paese, da “negativo” a “stabile”.

Il cocktail favorevole ha innescato un rally per i prezzi dei bond (si veda inchiesta di copertina del 25 novembre) dove già si osservava il momento d’oro per investire nel reddito fisso con rendimenti ancora molto interessanti (oggi in parte scesi ma ancora appetibili con il BTp decennale in area 4% e la parte a due anni a 3,2%) .

Meno felici sono, invece, i sottoscrittori dei BTp Italia e delle altre emissioni governative indicizzate all’inflazione europea, le cui rese sono in parte agganciate all’indice del carovita. I prezzi di questi titoli si sono un po’ rianimati rispetto ai minimi toccati a inizio ottobre, ma al momento gli inflation linked offrono ancora le peggiori prospettive di rendimento (peraltro incerto visto che le cedole vengono fissate in base al trend inflazionistico stimato). Non a caso la maggior parte delle emissioni di questo tipo quota ancora ampiamente sotto cento: il più bersagliato dalle vendite è il BTp Eu con scadenza 2051 che, vista l’elevata durata finanziaria, oggi si può acquistare a 62.

E sono in molti coloro che hanno investito su questi titoli in sostanza guardando nello specchietto retrovisore e puntando su titoli che risultano ostici anche agli esperti.
I titoli inflation linked, infatti, hanno andamenti di prezzo che risentono da un lato dell’andamento dei tassi d’interesse e dall’altro delle aspettative sull’inflazione futura, fattore non sempre facile da individuare. E da comprendere.
La diciannovesima mega emissione di BTp Italia risale a circa nove mesi fa (14 marzo 2023) e si è chiusa con ordini per oltre 8,5 miliardi di dollari nella fase “retail” del collocamento, nettamente sopra i 7,28 miliardi raggiunti nella precedente emissione condotta nel novembre 2022.

Ancora validi per diversificare
Che fare con questi titoli? Gli esperti spiegano come sia opportuno comunque averli in portafoglio in un’ottica di diversificazione. «Se negli scorsi anni sono stati molto utili per proteggere dalla fiammata inflazionistica ora si può ridurre la dose – spiega Matteo Trotta, analista di Consultique –. A titolo di esempio se nel 2022 abbiamo investito su questi titoli il 20% del portafoglio complessivo (azioni incluse, ndr) ora siamo scesi al 5 per cento. Tuttavia nelle ultime due settimane la differenza di rendimento tra un Btp classico e uno legato all’inflazione si è ridotta drasticamente, per cui mantenere un quota legata all’inflazione oggi assicura un rendimento non molto distante rispetto a un titolo a tasso fisso – spiega Trotta –. Il tema dell’inflazione è da sempre un tema di medio/lungo periodo, per cui scadenze intermedie medie vanno certamente in quella direzione».

Verso valutazioni interessanti
«Con un orizzonte di breve termine (3-6 mesi), è probabile che i titoli inflation linked e, quindi, anche i BTp Italia, continuino a sotto-performare, sia in termini di prezzo che di rendimento atteso – spiega Jacopo Ceccatelli, responsabile della clientela istituzionale a Finint private bank –. Se si ha un orizzonte un po’ più lungo però (oltre i 6 mesi), gli attuali livelli, soprattutto del BTp Italia, possono rappresentare un punto di entrata interessante».

Attualmente il tasso di inflazione che si dovrà materializzare per battere il rendimento dei normali BTp a tasso fisso infatti, è attualmente inferiore all’1% a prescindere dalle scadenze. Il valore, come fa notare Ceccatelli, è piuttosto basso sia rispetto ai dati storici dell’inflazione, sia rispetto ai dati che escludono le componenti energetiche (il cui calo rispetto ai picchi di un anno fa è ormai alle battute finali).

«In conclusione, per chi ha già i titoli inflation linked in portafoglio e può sopportare una fase probabilmente temporanea (almeno dai livelli di prezzo attuali) di sotto-performance, non consiglieremmo di vendere – spiega Ceccatelli –. Per chi, invece, non ha titoli inflation linked in portafoglio, i livelli attuali dei BTp Italia cominciano ad essere di un certo interesse, almeno in un’ottica di diversificazione di portafoglio».

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