Plus24: Dagli Etc ai certificati sempre più strumenti puntano sulle emissioni

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Plus24: Dagli Etc ai certificati sempre più strumenti puntano sulle emissioni

ASSET CLASS: DAGLI ETC AI CERTIFICATI SEMPRE PIÙ STRUMENTI PUNTANO SULLE EMISSIONI
 ASSET CLASS: DAGLI ETC AI CERTIFICATI SEMPRE PIÙ STRUMENTI PUNTANO SULLE EMISSIONI

Nell’ultimo anno le quotazioni delle emissioni sono salite prepotentemente alla ribalta. La quotazione della CO2 è più che raddoppiata in un anno sfiorando oggi i 60 euro a tonnellata. L’industria finanziaria non si è lasciata sfuggire questa occasione e stanno aumentano gli strumenti finanziari agganciati a questo mercato. L’anidride carbonica sta diventando un asset class da investimento, ma va saputa maneggiare con grande attenzione.
La spinta a questo mercato nasce dopo la svolta “green” della Ue. Le imprese che producono energia elettrica e termica, gli impianti che producono emissioni (raffinerie petrolifere, acciaierie, metalli, etc.) e le compagnie aeree ricevono gratuitamente o mediante asta un certo numero di quote, ciascuna delle quali consente l’emissione di 1 tonnellata di CO2 equivalente. «Se hanno inquinato più di quanto concesso dalle quote assegnate - spiega Piermattia Menon, analista Consultique - dovranno acquistare sul mercato secondario altre quote, mentre se hanno inquinato meno possono trattenere per il futuro le quote non utilizzate o rivenderle sul mercato secondario». L’Ue controlla il numero complessivo di quote di emissioni che viene assegnata ogni anno, andando a ridurle nel tempo per poter garantire il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazzione (-55% entro il 2030).
«Considerando che le quote disponibili andranno via via diminuendo - aggiunge Menon - il valore delle stesse aumenterà o diminuirà a seconda della capacità delle aziende di innovare i processi per ridurre l’impatto ambientale. Non si tratta di un investimento tradizionale in equity o obbligazioni ma potrebbe essere in qualche modo associabile alle materie prime. Questo poiché la legislazione europea obbliga alcune industrie ad acquistare i diritti di emissione per poter produrre e queste quote sono scarse in quanto emesse in un numero definito».
Tra gli strumenti quotati in Italia, ultimo in ordine di tempo è stato Vontobel a lanciare un certificato, che ha come sottostante il future (Ice Ecx Eua) attraverso il quale si scambiano le quote di emissione. Vontobel aveva già lanciato in passato 22 minifuture e certificati a leva fissa con questo sottostante. «Abbiamo pensato di proporre un tracker sul tema - spiega Jacopo Fiaschini, responsabile Flow products distribution Italia di Vontobel - non più in un’ottica di speculazione, ma per avere un’esposizione di lungo termine in linea con il Progetto Europeo di riduzione delle emissioni di CO2». Lo strumento ha un costo annuo del 2,5 per cento. «Sapendo gestire efficientemente il future - aggiunge Fiaschini - abbiamo pensato di offrire un’esposizione diretta sul contratto quotato, evitando la minore trasparenza data dall’avere un indice calcolato da società esterne come sottostante».
L’offerta oggi vede, tra gli altri, anche Leonteq con un certificato con sottostante il future. Questo strumento scade nel dicembre del 2022 e non ha una management fee (commissione) dedotta periodicamente dal valore. Anche Cirdan, ad esempio, ha lanciato un certificato scadenza 2026 legato alle emissioni con sottostante un indice proprietario. Lo strumento lanciato ha leva 2 e un costo annuo dello 0,7 per cento (investendo ad esempio 10mila euro). Non mancano gli Etc: il WisdomTree Carbon è stato ideato per consentire agli investitori di esporsi sulle emissioni replicando il Solactive Carbon Emission Allowances. Il costo di gestione è dello 0,35 per cento.
A chi sono adatti questi strumenti? «Possono essere interessanti per gli investitori retail - aggiunge Menon - come strategia alternativa per diversificare il portafoglio ma detenuti comunque in modeste quantità. A rigor di logica dovrebbero essere interessati a questo strumento quegli investitori che pensano sia impossibile per le industrie pesanti garantire la produzione con livelli di emissione bassi e quindi dovranno pagare un prezzo più elevato per le poche quote che saranno in futuro disponibili».

Andrea Gennai