Sul bond Banca Valsabbina pesa la subordinazione

Consultique
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Sul bond Banca Valsabbina pesa la subordinazione

Sul bond Banca Valsabbina pesa la subordinazione
Il titolo strutturato in scadenza nel 2021 ha oggi il 18 per cento di probabilità di subire una perdita

È principalmente il fatto di essere un bond subordinato a rendere il rischio medio-alto sul bond di Banca Valsabbina, acquistato dal lettore di «Plus24» per un valore nominale di 18mila euro a un prezzo di carico di 98,70. Vediamo il perché.

Il bond banca valsabbina 
L’obbligazione strutturata (emessa dall’istituto di credito popolare bresciano nel febbraio 2015 e in scadenza nel febbraio 2021) è subordinato di tipo Tier 2; di conseguenza, in caso di default, i detentori di questo bond saranno rimborsati soltanto dopo che saranno soddisfatti tutti gli obbligazionisti non subordinati.
Il titolo paga una cedola semestrale determinata al tasso del 4,50% annuo e dall’emissione a oggi sono state pagate già cinque cedole. Il bond viene scambiato sul sistema multilaterale di negoziazione Hi-Mtf dove la liquidità non è eccezionale, ma si sono comunque registrati diversi scambi e sono presenti offerte sul book di negoziazione. Di conseguenza, non dovrebbe essere difficile al momento poterlo vendere.

Gli scenari di probabilità 
«Questo bond - spiegano gli analisti della società di consulenza finanziaria (Scf) Consultique - ha una probabilità del 17,65% di perdere circa 73 euro su 100 iniziali (valore di recupero di 26,83 euro) e nell’82,35% dei casi può consentire un guadagno interessante, dato da un rimborso atteso di 116,04 euro su 100 iniziali. Questi scenari risultano coerenti con un prezzo di mercato di circa 99 euro e un valore di recupero in caso di default di 20 euro ogni 100 di nominale. Data la subordinazione del bond e le probabilità di default - concludono i consulenti autonomi veronesi - il rischio è da considerarsi medio-alto».

la situazione dell’istituto 
La banca popolare bresciana, dati di bilancio alla mano, non dimostra di avere problemi per quanto riguarda la solidità patrimoniale, con gli indicatori che sono superiori ai minimi indicati dall’Autorità di vigilanza. La relazione semestrale ha poi mostrato un buon miglioramento del business nella prima parte di quest’anno, nonostante le svalutazioni dovute alla partecipazione al tentativo di salvataggio delle banche venete - tramite il fondo Atlante - per importi comunque non eccessivi (quattro milioni).
La situazione reddituale della banca non si può certo dire rosea: l’utile netto del 2016 era di soli quattro milioni, mentre nel primo semestre si è praticamente azzerato. La situazione del portafoglio crediti è in deciso miglioramento, con un Texas ratio (l’indice che prevederebbe il fallimento di una banca, chiamato così perché fu applicato per la prima volta negli anni 80 durante la crisi delle banche texane) che scende sotto il 100% rimanendo, però, su livelli mediamente elevati anche se comuni a molte altre banche italiane. Anche il rapporto di copertura delle sofferenze (55,59% a fine 2016) e il rapporto tra crediti deteriorati e totale dei crediti non possono dirsi buoni, ma nemmeno preoccupanti.