
Lunedì 23 giugno - We Wealth
La reazione del petrolio all’entrata in guerra degli Usa al fianco di Israele contro l’Iran non si è fatta attendere. Ma le conseguenze nel medio-lungo termine dell’ultimo focolaio di tensione sono tutte da chiarire. Ecco dove possono arrivare i prezzi dell’oro nero e come inserirlo in portafoglio
La reazione del petrolio alle ultime evoluzioni del conflitto tra Israele e Iran – l’attacco americano ai tre siti nucleari iraniani – non si è fatta attendere. Il prezzo del Wti è aumentato da un minimo di 55 dollari al barile di inizio maggio agli oltre 74 dollari al barile attuali. Ma le conseguenze nel medio-lungo termine restano tutte da chiarire. “Ci risulta che attualmente la quota di produzione dell’Iran sia del 4,27% del totale, quindi non eccessiva”, dichiara a We Wealth Piermattia Menon, senior financial analyst di Consultique Scf. “Tuttavia, i principali timori ruotano intorno alle azioni di guerra dell’Iran, come un’eventuale chiusura dello stretto di Hormuz, che renderebbero inaccessibili anche le quote prodotte da Kuwait e Iraq (circa un ulteriore 10%)”.
Aie: “Approvvigionamenti petroliferi a rischio”
A questo scenario, occorre aggiungere che – almeno in teoria, dice Menon – i paesi occidentali hanno rinunciato anche al 12% prodotto dalla Russia. “Quindi l’offerta effettiva sul mercato potrebbe ridursi significativamente, se le cose si mettessero male”, sostiene l’esperto. Secondo l’ultimo report dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), il conflitto tra Israele e Iran in corso introdurrebbe rischi significativi per la sicurezza degli approvvigionamenti petroliferi. Ciononostante, l’offerta mondiale di petrolio sarebbe destinata a superare ampiamente la domanda quest’anno; l’Aie stima infatti l’offerta a 104,9 milioni di barili, a fronte di una domanda di 103,8 milioni.
Petrolio, dove possono arrivare i prezzi
Dopo il rialzo del Brent a 76-77 dollari al barile, come evidenziato nel grafico sottostante, Goldman Sachs stima un premio per il rischio geopolitico di circa 10 dollari al barile. “Sebbene il nostro scenario di base preveda un calo del Brent intorno ai 60 dollari al barile nel quarto trimestre, in assenza di interruzioni dell’offerta, questo premio appare giustificato alla luce del nostro scenario di minore offerta iraniana, in cui il Brent potrebbe superare brevemente i 90 dollari”, scrivono gli analisti della banca d’affari statunitense nell’ultimo Oil comment.
Le alternative per investire sul petrolio
Ma quali sono le alternative per investire sul petrolio? “Sostanzialmente, bisogna utilizzare gli Etc, che generalmente replicano l’andamento dei futures a breve scadenza sul petrolio (ce ne sono sia sul Wti che sul Brent)”, afferma Menon. Da ricordare che gli Etf sono note di credito e non fondi comuni, quindi è da considerare il rischio di credito in riferimento al possibile fallimento dell’emittente. Oltre poi ai costi. “Innanzitutto, il fattore del rolling dei contratti futures”, spiega l’analista. “Per mantenere l’esposizione costante, periodicamente l’Etc deve vendere un contratto future in scadenza per acquistare un contratto future uguale ma con scadenza successiva. Solitamente, tale secondo contratto ha un prezzo superiore (cosiddetto contango), pertanto – a ogni cambio di contratto – l’Etc subisce una perdita. E l’entità di tale perdita è molto variabile rispetto alle condizioni di mercato”, continua Menon. Oltre al costo implicito, vanno valutati i costi di gestione, lo spread bid-ask presente sul mercato e i costi imposti dall’intermediario per l’immissione dell’ordine.
“Una possibile alternativa potrebbe essere quella di investire in azioni di società petrolifere, in Etf che replicano il settore Oil&Gas o in fondi comuni che investono in questo segmento”, aggiunge Menon. “Tuttavia, in questo caso non tutte le variazioni del prezzo del petrolio potrebbero scaricarsi sul prezzo delle società petrolifere o comunque farlo con ritardo o in misura non lineare”, avverte. Poi conclude. “Ovviamente sarebbero da preferire comunque soluzioni diversificate, anche perché – se la situazione si complica – è possibile che qualche azione di guerra possa avere effetti su uno specifico giacimento e ripercuotersi sulle quotazioni di una specifica azienda. Se la scelta è speculativa sulla situazione geopolitica attuale, riteniamo comunque più appropriato e sicuro investire in Etc, quindi direttamente sulla materia prima, rispetto al settore”.
SCARICA L'ARTICOLO COMPLETO