I quattro indicatori chiave per scegliere la banca

Consultique
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I quattro indicatori chiave per scegliere la banca

I quattro indicatori chiave per scegliere la banca
Faccio riferimento all’articolo apparso su «Plus24» del 30 giugno e su altri precedenti riguardanti i costi per la tenuta del conto corrente bancario ed anche del dossier titoli ed il consiglio a passare ad un’altra banca se i costi sono inferiori.
Il suggerimento mi sembra buono, ma in questa scelta serve considerare anche la sicurezza della nuova banca. A volte conviene rimanere nell’istituto i cui costi sono maggiori ma ci sono anche superiori garanzie di solidità. Talvolta poi succede che la nuova banca, pur di acquisire un nuovo cliente, azzeri i costi ma dopo un anno, con diverse motivazioni, inizi ad aumentare gli oneri di tenuta.


La crisi finanziaria del 2008 e le tensioni seguite all’emergere del rischio sovrano (2011) hanno posto gli istituti di credito sotto la lente di monitoraggio da parte di operatori finanziari e risparmiatori.
«La banca, per la crisi economica degli ultimi anni e per il doppio filo nel legame con gli stati, non ha più i tratti di una ”cassaforte” sicura in modo assoluto, ma deve essere valutata attentamente, soprattutto alla luce delle nuove disposizione dell’autorità bancaria europea (bail in) che prevede la partecipazione al rischio di insolvenza anche di soggetti prima esclusi come correntisti e obbligazionisti», spiegano da Consultique Scf. 
La modalità per valutare la solidità di un istituto di credito passa attraverso l’analisi di quattro macro variabili: patrimonializzazione, redditività, rischio di credito e dinamica commerciale. 

«Nel primo aspetto ritroviamo indicatori famosi come il Cet1, un rapporto che mette a confronto il patrimonio della banca con i propri attivi di bilancio pesati per il rischio. Ratio troppo bassi (e che non superano i test delle autorità bancarie) sono un primo e serio campanello d’allarme. Tuttavia, questo aspetto, da solo, non è sufficiente e non mette al sicuro il risparmiatore, come molti casi hanno mostrato», confermano da Consultique.

Se la banca, nel suo business tradizionale (raccogliere capitale e impiegarli) non riesce a produrre utili, difficilmente potrà restare solida a lungo, con i costi che col tempo eroderanno il capitale dell’istituto. Per monitorare questo aspetto gli indicatori sono i classici Roe e Roa(la redditività sul capitale e sugli asset), il cost/Income ratio (il rapporto tra costi e ricavi) e l’andamento del margine di interesse e del margine di intermediazione. 

Altro tassello fondamentale è la qualità del credito, in questo ambito l’analisi si concentra sui crediti deteriorati dell’istituto. In termini di ratio, si verifica il loro peso sul totale degli impieghi e, in particolare, quello delle sofferenze (crediti con probabilità di esigibilità ormai nulla ) rispetto al patrimonio (Texas Ratio). Altri indicatori utili sono il ratio di copertura dei crediti deteriorati, ossia quanto la banca ha già accantonato a scopo precauzionale. 

Il quarto e ultimo aspetto della valutazione riguarda la raccolta ossia la forza commerciale della banca: se i dati della raccolta diretta (conti correnti, depositi, obbligazioni proprie) o di quella indiretta (risparmio gestito, obbligazioni terze) sono deboli, mancherà la ”materia prima” con cui l’istituto può generare utili in modo continuativo. 
«A completare il quadro complessivo sono utili altre variabili di mercato, come i Cds(Credit default swap) e i rendimenti delle obbligazioni della banca, veri termometri nelle situazioni di rischio», concludono da Consultique.

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