la Repubblica | Fondi comuni: la guida per leggere la "bolletta" dei costi

Consultique
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In queste settimane arriva il resoconto annuale. Anche se obbligatorio, appare spesso poco analitico.

Per alcuni è il "Rendiconto costi ex post", ma già a partire dal nome non tutti hanno fatto la stessa scelta. Si tratta del documento attraverso il quale ogni anno gli intermediari finanziari devono comunicare ai propri clienti i costi dei servizi offerti. Ma a dispetto delle raccomandazioni Consob sulla necessità di fornire indicazioni chiare ognuno segue la propria strada e questo non aiuta la comprensione da parte del piccolo investitore.

La Consob ha provato a fare ordine in materia, emanando una raccomandazione (la numero 1 del 7 maggio 2020), che tra le altre cose individua la necessità di informazioni "corrette, chiare e non fuorvianti". Quindi, per evitare interpretazioni eccessivamente libere, precisa quattro condizioni necessarie per i testi: la pronta individuazione, all'interno dei documenti trasmessi, della disclosure su costi e oneri, in tutti gli elementi considerati rilevanti dal legilsatore, la comprensione del significato delle voci esposte, la valutazione dell'effetiva incidenza delle voci considerate, la riconciliazione delle voci esposte nell'informativa aggregata ed infine la comparazione dei documeti ricevuti da diversi intermediari.

In mancanza di sanzioni per i trasgressori, tuttavia, ognuno fa come crede e questo vale anche per l'indicazione di inviare il documento entro il 30 aprile, relativamente alle condizioni dell'anno precedente. "La presentazione della reportistica sui costi può essere effettuata in forma aggregata da parte dell'intermediario, ovvero mostrando solo la somma di tutti i costi sostenuti. E' solo in caso di richiesta esplicita da parte del cliente che l'intermediario è tenuto a fornire indicazioni dettagliate" racconta Rocco Probo, analista di Consultique, società di consulenza indipendente, retribuita a parcella per la consulenza prestata e non tramite retrocessioni. Il documento messo a punto dall' Authority presenta anche una tabella con le voci di costi e oneri da indicare (servizi di investimento e/o servizi accessori, pagamenti di terzi ricevuti dall'intermediario, strumenti finanziari, infine totale costi e oneri) sia in euro, sia in percentuale.

Cominciamo dalla prima che comprende i costi per la consulenza in materia di investimenti, collocamento, esecuzione ordini, servizio di custodia e amministrazione del dossier titoli, nonché di distribuzione assicurativa. Si tratta di una categoria molto ampia, che tra le altre cose include le spese una tantum, come quelle di sottoscrizione del servizio di gestione portafogli, le spese correnti (ad esempio la commissione ricorrente per il servizio di consulenza a pagamento), i costi per le operazioni avviate nell'ambito della prestazione di un servizio di investimento (ad esempio i costi di cambio per strumenti denominati in valuta estera), infine i costi accessori (ad esempio le spese per invio di comunicazioni).

La seconda voce è relativa ai pagamenti di terzi ricevuti dall'intermediario, in sostanza le somme corrisposte dalla casa prodotto, a carico del cliente e incassate dal distributore. Quindi c'è la categoria strumenti finaziari, che include le spese una tantum (ad esempio le commissioni di sottoscrizione di un fondo comune o le commissioni di collocamento sul mercato primario di un'obbligazone), le spese correnti (come le commissioni di gestione di un fondo comune o di un prodotto di investimento assicurativo), i costi per le operazioni (ad esempio quelli di transazione sostenuti dal gestore di un fondo comune), i costi accessori (le eventuali commissioni di performance). A chiudere il quadro è il totale costi e oneri, cioè la somma delle tre categorie precedenti.Peccato che la tendenza prevalente sia a offrire il valore complessivo senza lo spaccato delle singole voci. Non solo "Alcuni intermediari non indicano tutte le retrocessioni, all'interno della seconda voce, ma le distribuiscono tra i costi degli intermediari e dei terzi", racconta Probo.

Cosa possono fare i piccoli investitori per approfondire? Andrea Rocchetti, head of investment advisory di Moneyfarm (società di consulenza indipendente), ricorda il diritto del cliente a richiedere il dettaglio analitico dei costi con l'intermediario chiamato a creare le condizioni per una comprensione completa, che consenta una comparazione con altri prodotti di differenti intermediari. Quali sono le voci da considerare per esempio per un fondo comune? "Le voci di costo sono di tre tipi: ingresso e uscita, commissioni di gestione e di performance. "Le prime due possono prevedere retrocessioni", sottolinea Rocchetti, il quale cita uno studio Consob che le quantifica in circa il 70% del costo complessivo del prodotto. "In particolare, i costi di ingresso e uscita possono essere particolarmente inefficenti, dato che incidono anche in caso di performance negativa del fondo", aggiunge Rocchetti.

Un'analisi condotta da Keamey rileva forti limiti anche relativamente alle modalità di comunicazione. "Alcuni operatori la mettono a disposizione all'interno del sito ed è quindi compito del cliente recuperarla", sottolinea il partner Massimo Arrighi. Non proprio un approccio orientato alla trasparenza.
Ma lo scenario è destinato a cambiare in meglio per i risparmiatori. Nelle scorse settimane, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva che punta ad aumentare il livello di consapevolezza e trasparenza verso gli investitori retail, introducendo nuovi obblighi di informativa prima della sottoscrizione dei contratti. " La nuova impostazione normativa, ancora in evoluzione (da qui in avanti oggetto di confronto con il Parlamento europeo e il Consiglio Ue), lavora per rendere più ampia la comunicazione sulla quale si cercherà di dare maggiore trasparenza nei costi e oneri dei clienti", conclude Arrighi.

 

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